lunedì 28 aprile 2014

Udine Far East Film Festival 16, 28-04-14

Fino a domenica sera ero così preso dal lavoro che mi sono dimenticato di scrivere che da ieri sarei tornato, dopo sette o otto anni (non ricordo bene) al Far East Film Festival di Udine, evento di culto tutto dedicato al cinema popolare asiatico e giunto ormai alla sedicesima edizione.
Il ritorno a Udine dopo tanti anni è stato piacevole e ha rievocato un sacco di bei ricordi. L'atmosfera che si respira qui è, come al solito, estremamente vivace e accogliente, quindi mi fa davvero piacere essere di nuovo qui.
Essendo arrivato tardi, ieri ho fatto in tempo a vedere giusto gli appuntamenti serali: il cinese Black Coal, Thin Ice di Diao Yinan, e l'hongkonghese 3D Naked Ambition di Lee Kung-lok. Il primo, per quanto abbia vinto l'Orso d'Oro a Berlino, mi è piaciuto solo a tratti. Ho apprezzato la struttura raggelata, spezzata e non lineare che se ne sbatte delle logiche della suspense (difatti si capisce dopo un minuto l'identità del colpevole). Però nulla che mi abbia fatto gridare al capolavoro: alcune belle sequenze buttate lì così, tra alti e bassi, tra personaggi che fanno cose spinti da non sia bene cosa e accenni (pochi ma non troppo sottili) di retorica nostalgica sulla nuova Cina rampante. Sarà anche stata la stanchezza del viaggio, sarà stato il mal di testa, ma non ho capito bene i motivi di tanto entusiasmo. Immensamente meglio del secondo, comunque: una puerile commedia sexy che non fa quasi mai ridere (almeno a me, perché mi è sembrato che la sala apprezzasse), e che deve il suo essere sexy più ai corpi delle sue protagoniste che non alle qualità della regia. Ho riso di più durante la presentazione dell'attore protagonista Chapman To, forse un po' troppo gigione ma simpatico. Per il resto, insulsaggine e noia. Confido nella giornata di oggi!

sabato 19 aprile 2014

Sisters of Musashino Line (Yamamoto Jun'ichi, 2012)

Mese davvero infernale a livello lavorativo, senza contare che poi ci sarà il Far East e un seminario sul cinema fantastico a metà maggio a cui parteciperò con un breve intervento sul J-Horror (poi magari ne parlo più approfonditamente). Quindi di scrivere di ciò che sto vedendo non se ne parla, ma ciò non significa che siano mancate le visioni interessanti, soprattutto nel campo dell'horror e del thriller. Cito solo The Neighbour N.13 di Inoue Yasuo (2004), The Black House di Morita Yoshimitsu (1999), Gomennasai di Asato Mari (2012) e soprattutto Shady di Watanabe Ryōhei (2012). Ai quali si aggiunge il divertentissimo Why Don't You Play in Hell? di Sono Sion (2013), in cui si versa parecchio sangue ma che con l'horror non c'entra niente. Spero di avere il tempo di scrivere due righe su queste opere, in misura diversa tutti meritevoli, prima o poi. Nel frattempo, vi lascio il link di una mia recensione su un film che è davvero una robetta abbastanza insignificante (a tratti pure irritante, devo dire), ma che fa comunque parte di un filone importante a livello commerciale, in questa particolare epoca del cinema giapponese (vedi il post qui sotto). Il film è Sisters of Musashino Line di Yamamoto Jun'ichi (2012), e trovate la mia recensione qui, come sempre su Sonatine.

venerdì 4 aprile 2014

Man/Ei-GA: intermedialità fumetto-cinema nel Giappone contemporaneo

Ieri è uscito su Cinergie un pezzo che ho scritto lo scorso inverno sullo stretto rapporto che il cinema giapponese, sin dalle sue origini ma in particolar modo nel corso degli ultimi dieci-quindici anni (che è appunto il periodo trattato nel saggio), ha instaurato con il manga. Un legame che non si manifesta soltanto nel dilagante fenomeno delle trasposizioni cinematografiche da fumetto, ma si esprime anche nell'aderenza a generi di estrazione non propriamente cinematografica, nonché tramite una palpabile influenza su contenuti, costruzione dei personaggi e bagaglio estetico di una porzione niente affatto irrilevante di film. La vastità del fenomeno esigerebbe senz'altro un'analisi più approfondita, ma il mio breve scritto si pone innanzitutto l'obiettivo di gettare le fondamenta di un discorso su quello che forse è il fenomeno commerciale più evidente del cinema giapponese contemporaneo, partendo dalle dovute premesse che un simile argomento richiede.
Il pezzo lo trovate qui e spero che vi piaccia.